Negli ultimi anni la Dipendenza Affettiva sta ricevendo sempre più attenzione per le conseguenze, spesso tragiche, delle forme di amore malato. I mass media ci bombardano di notizie quali atti persecutori, stalking, violenza domestica, abusi sessuali all’interno di relazioni disfunzionali che spesso culminano in omicidi, suicidi, femminicidi e omicidi-suicidi, coinvolgendo anche minori innocenti. Tale problematica è diventata rilevante non solo dal punto di vista psicologico, ma anche dal punto di vista sociale per gli effetti e i costi che la società paga ogni giorno.
Sebbene ad oggi non esista una definizione univoca universalmente accettata, una costellazione sintomatologica caratteristica, una spiegazione esaustiva dei fattori predisponenti e di mantenimento e un protocollo diagnostico e terapeutico mirato, in questo articolo si cercherà di descrivere la Dipendenza Affettiva in base a quanto oggi si conosce sia dal punto di vista teorico che dal punto di vista pratico, sulla scorta dell’esperienza maturata in ambito clinico.
Cos’è la Dipendenza Affettiva (Love Addiction)?
La Dipendenza Affettiva è una condizione patologica molto frequente e problematica che, tuttavia, non ha ancora una valenza diagnostica e nosografica a sé stante con un quadro sintomatologico ben definito. Ciò a causa, probabilmente, dell’eterogeneità dei pattern di comportamento e tratti di personalità delle persone che ne soffrono.
Nel DSM-5, all’interno capitolo sui «Disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction», si fa riferimento alle New Addictions, di cui la Love Addiction fa parte, ma non ne vengono esplicitati i criteri diagnostici e le descrizioni di decorso, perché, come già accennato sopra, allo stato attuale non vi è sufficiente letteratura scientifica basata sulle evidenze empiriche.
Le New Addictions sono quelle forme di dipendenza comportamentale che escludono sostanze chimiche come l’alcol o altre sostanze di abuso (per es., caffeina, cannabis, allucinogeni, stimolanti, tabacco). Ad oggi, le New Addictions comprendono:
- Gioco d’azzardo patologico (Pathological Gambling, inserito nel DSM-5 con specifici criteri diagnostici);
- Dipendenza da internet;
- Dipendenza da lavoro;
- Shopping compulsivo;
- Dipendenza da attività fisica;
- Dipendenza da sesso;
- Dipendenza affettiva.
La dipendenza affettiva mostra aspetti comuni a tutti i tipi di dipendenza e, al contempo, caratteristiche peculiari che riguardano l’innamoramento e la relazione affettiva. L’amore, dunque, potrebbe essere paragonato a una sostanza d’abuso e, da entrambi, è possibile sviluppare una dipendenza. Essere in una relazione, così come assumere una sostanza, stimola le aree cerebrali legate alla ricompensa; uno dei centri cerebrali legati alla ricompensa «Brain Reward System» è situato anatomicamente fra l’Area Tegmentale Ventrale, il Nucleo Accumbens e la Corteccia Prefrontale (Guerreschi, 2011): quest’area costituisce il centro di controllo delle risposte emotive, governando il rilascio della dopamina, un neurotrasmettitore che induce sensazioni di benessere ed euforia. Alcune sostanze, come la cocaina ad esempio, stimolano un incremento del rilascio (o una diminuzione del riassorbimento) di dopamina.
La relazione, dunque, diventa l’obiettivo e, allo stesso tempo, la ricompensa, che consentirà alla persona dipendente di ridurre la sofferenza e sentirsi meglio in un circolo vizioso senza fine: piacere per la presenza del partner, astinenza in assenza del partner, ricerca spasmodica del partner per placare la sofferenza e tolleranza, che induce alla necessità di maggiore vicinanza fisica e controllo.
Le forme di dipendenza hanno tutte in comune la finalità di gestire emozioni spiacevoli, come alleviare la noia, incrementare le emozioni piacevoli, allontanare la tristezza e il dolore.
Ciò che differenzia le varie forme di dipendenza è l’ “oggetto” investito affettivamente e per cui si diventa dipendenti: può essere una sostanza, un comportamento, una esperienza o una persona.
Quell’oggetto viene investito di un significato e funzione particolare e diversa a seconda dei casi: sensazione di sentirsi vivi, sensazione di essere amati e desiderati, sensazione di sentirsi importanti, al sicuro e completi, etc.
L’oggetto va a compensare mancanze e carenze affettive esperite nel corso della vita che figurano come bisogni insoddisfatti e che predispongono a comportamenti dipendenti.
Il paziente affetto da dipendenza affettiva, nonostante la qualità del rapporto col partner sia pessima e da un punto di vista razionale ci siano numerosi svantaggi nel portare avanti la relazione, teme fortemente l’abbandono e si sente perso e inadeguato nel vivere la vita in modo autonomo (essere con un partner abusante sarà sempre meglio di essere da soli e indifesi). Questo legame, in particolare, si caratterizza per la presenza nel tempo di scontri, contrasti, abusi, violenza e/o manipolazioni perpetrati da uno o da entrambi i partner ed è per almeno uno dei due fonte di sofferenza: chi soffre crede di non essere in grado di porre termine alla relazione e/o di tollerare che sia l’altro a decidere di separarsi. Quando questo scenario è minacciato, il dipendente affettivo prova ansia ed è disposto a tutto per prevenirlo, mentre quando è attuale prova disperazione e/o rabbia e tende a fare il possibile per recuperarlo e/o eliminare il distress emotivo che ne deriva.
Secondo Mancini et al. (2019) la relazione che si verrebbe a stabilire si qualificherebbe per la presenza di un conflitto intrapsichico, non sempre consapevole nella mente del dipendente affettivo, tra il “non poter vivere con” e il “non poter vivere senza”, senza mai avere il coraggio di staccarsi e placare la dissonanza interiore.
Come vedremo in dettaglio di seguito, è possibile ipotizzare tre tipi di conflitto (esterno, semplice, akrasico) la cui evoluzione può seguire un processo a quattro stadi spiegato nel modello cognitivo della Love Addiction proposto sempre da Mancini et al. (2019).
La Dipendenza affettiva si può generare all’interno di una qualsiasi relazione d’amore, d’amicizia o genitoriale ed eventualmente anche in ambito lavorativo o nella relazione terapeutica.
Lo psicoterapeuta che prende in carico casi clinici del genere sin dai primi colloqui percepisce ambivalenza, tensione, attaccamento irrazionale e fragilità personale in una continua e logorante altalena emotiva che è difficile da fermare.
Quali sono i segni e sintomi della dipendenza affettiva?
Il gruppo di Reynaud (Reynaud et al., 2010), partendo dalle analogie riscontrate con la dipendenza da sostanze, propone una definizione diagnostica della Love Addiction, basata sulla durata e sulla frequenza della sofferenza percepita; essa si presenta come un modello disadattivo o problematico della relazione d’amore che porta a deterioramento o angoscia clinicamente significativa, come manifestato da tre (o più) dei seguenti criteri (che si verificano in ogni momento, nello stesso periodo di 12 mesi, per i primi cinque criteri):
- esistenza di una sindrome da astinenza per l’assenza dell’amato, caratterizzata da significativa sofferenza e un bisogno compulsivo dell’altro;
- considerevole quantità di tempo speso per questa relazione (in realtà o nel pensiero);
- riduzione di importanti attività sociali, professionali o di svago;
- persistente desiderio o sforzi infruttuosi di ridurre o controllare la propria relazione;
- ricerca della relazione, nonostante l’esistenza di problemi creati dalla stessa;
- esistenza di difficoltà di attaccamento, come manifestato da uno dei seguenti: (a) ripetute relazioni amorose esaltate, senza alcun periodo di attaccamento durevole; (b) ripetute relazioni amorose dolorose, caratterizzate da attaccamento insicuro.
Numerosi sono i comportamenti e gli atteggiamenti che i dipendenti affettivi possono mettere in atto:
- attribuire maggiore importanza alle emozioni del partner rispetto alle proprie;
- far dipendere la stima di sé dall’approvazione da parte del partner;
- avere difficoltà nel prendere delle decisioni in modo autonomo, accompagnata da forti sensi di colpa;
- assumere atteggiamenti compiacenti e servili per paura del rifiuto e dell’abbandono;
- mostrare difficoltà a riconoscere ed esprimere le proprie emozioni e i propri pensieri;
- mantenere sotto controllo il partner per la maggior parte del tempo quotidiano;
- gelosia eccessiva e marcate richieste di attenzione;
- ignorare le conseguenze negative del rapporto sulla qualità della propria vita.
Quali sono le tipologie e disturbi di personalità alla base della Love Addiction?
Le caratteristiche di una dipendenza affettiva, si intrecciano, in larga parte, ai tratti di una personalità di tipo dipendente: le persone che si ritrovano a essere dipendenti da una relazione, infatti, presentano spesso i seguenti tratti di personalità:
- difficoltà nel prendere decisioni, anche quotidiane, senza chiedere consigli e rassicurazioni. La mancanza di fiducia nella propria capacità di fare scelte corrette, e l’estrema colpevolizzazione quando si commettono errori, rende terrificante la possibilità di sbagliare;
- bisogno che altre persone si assumano la responsabilità di ambiti importanti della propria vita. Le sfide quotidiane diventano difficoltà insormontabili e impossibili da affrontare da soli;
- difficoltà nell’essere in disaccordo con gli altri. Una persona dipendente sente di non avere abbastanza valore da poter esprimere un’opinione personale che si discosti da quella di qualcuno da cui dipende;
- difficoltà nel portare a termine progetti o attività in autonomia. La paura, in questo caso, riguarda il fatto che le altre persone potrebbero accorgersi del fallimento, percepito come inevitabile;
- emozioni negative come ansia o disperazione al pensiero di essere soli o poter rimanere da soli;
- assumersi la colpa o la responsabilità di eventi o situazioni negative, anche quando non è vero oppure non è possibile identificare un responsabile. Colpevolizzarsi rappresenta una modalità di mantenere il controllo su circostanze, molto spesso, incontrollabili;
- Incapacità di creare o difendere i propri spazi o confini.
Secondo alcuni Autori (Borgioni, 2015), però, il Disturbo Dipendente di Personalità e la Dipendenza Affettiva non sono equiparabili, in quanto quest’ultima deve essere considerata come un disturbo relazionale che può degenerare in sindromi ansioso-depressive. Le differenze principali tra Disturbo Dipendente di Personalità e Dipendenza Affettiva sembrano essere:
- la Dipendenza Affettiva si può manifestare anche all’interno di un rapporto con un partner «non problematico»;
- nel Disturbo Dipendente di Personalità prevale il bisogno di protezione e accudimento, nella Dipendenza Affettiva tale aspetto non è esasperato;
- la personalità dipendente permette che gli altri si impossessino e gestiscano le aree della sua vita, nella Dipendenza Affettiva in genere questo non accade;
- il paziente con Disturbo Dipendente di Personalità sostituisce subito una figura di dipendenza con un’altra o con una sostanza, nella Dipendenza Affettiva il paziente si fissa sulla relazione precedente e cerca di recuperarla;
- nella Dipendenza Affettiva la dipendenza si sviluppa solamente in alcune relazioni.
Nel dipendente affettivo sembrano albergare più istanze: se da una parte è possibile rappresentarlo come un individuo dipendente, gentile e accomodante, dall’altra sarà possibile riconoscere la presenza di un suo opposto indipendente, aggressivo e impulsivo. Infatti, è possibile constatare in abito clinico che i disturbi di Personalità Dipendente (caratterizzato da carenza di agency e autonomia), Istrionico (che mostra ricerca di attenzione eccessiva e timore della solitudine), Borderline (caratterizzato da instabilità affettiva e paura dell’abbandono) e Narcisistico (che ricerca ammirazione per conferma dell’amabilità personale) sono buoni candidati per la costruzione e il mantenimento di rapporti affettivi caratterizzati da dipendenza. Questo il motivo per cui è difficile definire in modo chiaro e univoco il prototipo di dipendente affettivo o dipendente affettivo tipico (DAT).
Quali sono le tipologie di dipendenza affettiva?
L’associazione americana Dipendenti affettivi anonimi (Love Addicted Anonymous) ha indicato vari profili di persone dipendenti affettivamente:
- Dipendente affettivo ossessivo. Non riesce a porre fine alla propria relazione, anche se il partner non è affettivamente disponibile, anaffettivo, egocentrico, egoista e, a sua volta, dipendente da altro (sostanze, gioco d’azzardo, etc.).
- Dipendente affettivo codipendente. E’ una persona fragile e con scarsa autostima, che tenta con ogni mezzo mantenere la vicinanza alla persona da cui dipende, prendendosene cura, controllandola con strategie passivo – aggressive, o non ribellandosi agli abusi. Tenta di prendersi cura del suo partner con la speranza di essere ricambiata in futuro.
- Dipendente dalla relazione. E’ una persona infelice, non più innamorata del partner, ma non riesce a mettere fine alla relazione per la paura del cambiamento e rimanere da sola.
- Dipendente affettivo narcisista. Il narcisista dipendente affettivo, apparentemente, non sembra soffrire emotivamente per un partner ma, quando si realizza la minaccia di un abbandono, fa di tutto per trattenere il partner a sé, anche usando violenza. Nel rapporto è molto dominante ed egoista, trascurando i bisogni dell’altra persona.
- Dipendente affettivo ambivalente. E’ una persona che ha, spesso, un disturbo di personalità evitante. Ricerca nei suoi sogni una relazione affettiva ma, contemporaneamente, ha terrore dell’intimità per una percezione di inadeguatezza che nasconde. Assume, quindi, un atteggiamento ambivalente e, di fatto, cerca partner non disponibili e anaffettivi.
- Seduttore rifiutante. Questa persona è altalenante nel rapporto. Ricerca, in un ciclo continuo di disponibilità e indisponibilità, partner per ottenere affetto, compagnia o sesso per poi, quando si sente insicuro, rifiutarlo.
- Dipendente romantico. La dipendenza, in questo caso, riguarda relazioni parallele. I dipendenti romantici instaurano legami con vari partner, di diverso tipo, e le relazioni sono di breve durata e, di solito, contemporanee.
Qual è il modello cognitivo della Dipendenza affettiva?
Secondo quanto affermano Mancini et al. (2019) è possibile ipotizzare tre scenari di conflitto nel DAT:
- Il primo conflitto (esterno) non vive nella persona ma solo negli occhi di un osservatore esterno (per esempio, un familiare, un amico o un terapeuta, ecc.). La dipendenza è dunque ego-sintonica (non riconosciuta) e la persona sceglie di non separarsi poiché ritiene, secondo i suoi valori, i vantaggi del rimanere nella relazione come maggiori dei costi.
- Il secondo conflitto è definito semplice o a corrente alternata. In esso la persona oscilla fra stati mentali diversi: per esempio, lo stesso evento, ovvero la possibilità di separarsi, viene valutato positivamente rispetto allo scopo di ritornare a stare bene ponendo fine alla relazione e negativamente rispetto ad altri, come perdere una guida esclusiva o l’amore del proprio compagno. Dato che gli stati mentali si attivano in modalità separata, è possibile che si passi da una condotta all’altra, favorendo da una parte la separazione e, dall’altra, facendo di tutto per evitarla, senza riuscire a integrare in maniera coerente gli stati mentali e le condotte che ne derivano. Per smettere di soffrire la persona minaccia la separazione o si separa, ma ben presto il dolore della perdita e il vuoto percepito come terrifico si fa sentire costringendo il dipendente a rintanarsi nella relazione patologica.
- Il terzo conflitto si caratterizza per una condizione di akrasia intesa come l’oscillazione all’interno dello stesso stato mentale dovuta alla sovrapposizione di due scopi tra loro molto diversi come ad esempio il volersi separare per il malessere provato e il volere a tutti i costi indugiare nella relazione per non rimanere soli. Ciò che accade spesso nei pazienti con dipendenza affettiva è che venga preferito un bene minore ma immediato (come la riduzione tempestiva dell’ansia e del dolore dovuto alla separazione attraverso il ricongiungimento con il partner) a discapito di uno molto più grande ma lontano nel tempo (come la possibilità di ritornare a stare bene da soli o in una relazione non patologica).
Nella maggior parte delle relazioni caratterizzate da dipendenza affettiva si osserva uno stadio zero contraddistinto dall’assenza totale di questo conflitto e quindi di eventuali costi, nel quale il partner del dipendente affettivo mostra la parte migliore di sé. Cioè, nonostante qualche segno di una personalità emotivamente labile e sfuggente – segni necessari per suscitare interesse nel dipendente affettivo -, il partner è a sua volta innamorato, presente, generoso, voglioso di condividere cose.
È la fase dell’illusione romantica che il DAT cercherà di ritrovare quando la relazione degenererà nelle fasi successive.
In seguito, nel primo stadio, i costi iniziano a essere evidenti nella mente di un membro esterno alla coppia, ma il conflitto è assente nel dipendente affettivo.
Nel secondo stadio, il conflitto fa il suo esordio ma è a corrente alternata (conflitto semplice) e quindi la persona riconosce bene i propri stati mentali ma non la loro alternanza (oscillando fra momenti di grande benessere e malessere senza possibilità d’integrazione). Si osserva un’alternanza tra stati di tensione verso lo scopo del mantenimento della relazione e stati di rabbia/protesta senza una sintesi consapevole dei due stati.
Nel terzo stadio, la persona entra stabilmente in un conflitto akrasico ed è quindi pienamente consapevole che restare in quel tipo di relazione le fa male, vorrebbe e potrebbe liberarsene, ma non lo fa. Lo stress che ne deriva nasce sia dalla tendenza simultanea a voler affrontare ed evitare la separazione che lo porta a sentirsi come in trappola, sia dalla presenza di una meta-valutazione che lo porta a giudicarsi male proprio perché incapace di porre fine alla relazione, nonostante i costi evidenti.
Per tutte queste ragioni l’elaborazione del lutto della separazione di un dipendente affettivo è difficoltosa e la rabbia e il controllo che spesso conseguono possono sfociare in gesti estremi come lo stalking, il suicidio e/o l’omicidio-suicidio.
Il DAT non è infatti solo vittima passiva: dentro questa personalità convive la rabbia del danno subito che può trasformare il coping della sottomissione in aggressione attiva, vessando i partner con richieste eccessive e difficili da soddisfare. Sebbene nulla giustifichi una possibile risposta di maltrattamento da parte del partner, questo tipo di dinamica può condurre a un’escalation di rabbia molto pericolosa, spesso affrontata nelle pagine di cronaca nera.
Nella figura sotto è possibile analizzare la successione dei conflitti nei vari stadi mentali del dipendente affettivo e il circolo vizioso che ne deriva.
Quali sono i fattori ambientali che predispongono alla dipendenza affettiva?
Il tipo di legame che si è sperimentato durante l’infanzia tra bambino e figura di riferimento primaria è cruciale, in quanto definisce il tipo di rapporto che il bambino, diventato adulto, riprodurrà nella sua vita relazionale. Tra i vari stili di attaccamento, quindi, le forme di attaccamento insicuro predispongono maggiormente alla love addiction.
Nell’attaccamento insicuro-ambivalente–resistente, in particolare, si ritrovano le caratteristiche tipiche e più frequenti della Dipendenza Affettiva: il controllo ansioso e ossessivo di sé, dell’altro e della relazione (che va a discapito delle iniziative autonome) senza la possibilità di lasciarsi andare per la mancanza di fiducia negli altri; la convinzione di non essere degni di amore (che porta all’accettazione passiva di forme di maltrattamento); la ricerca continua di relazioni simbiotiche e fusionali con figure idealizzate; il terrore della separazione e della perdita (implicando la permanenza in rapporti disfunzionali, talvolta violenti); la forte esposizione a sentimenti di frustrazione e insoddisfazione e a frequenti reazioni depressive e ansiose.
L’esperienza di attaccamento del dipendente affettivo è stata caratterizzata tipicamente da figure genitoriali presenti ma in modo intermittente. Al figlio spesso è stato chiesto di crescere in fretta per prendersi cura dei genitori, arrivando così a una inversione della relazione che vede il genitore bambino e il figlio adultizzato. «Se vuoi che ti voglia bene devi prenderti cura di me» «Se riuscirò ad aiutare i miei genitori, finalmente si accorgeranno di me e si prenderanno cura di me»
Il bambino, quindi, non è riuscito a portare a termine il compito evolutivo della sua autonomia per mancanza di una base sicura, rimanendo in una condizione di dipendenza. Nonostante abbia potuto tentare di lanciare dei segnali, l’ambiente non sufficientemente responsivo e supportivo gli ha permesso di sperimentare principalmente dolore e sofferenza. Una volta divenuto adulto, il dipendente affettivo inizierà dunque la ricerca del partner perfetto che si prenda cura di lui e viceversa, sfociando in depressione ogni volta in cui si rende conto della differenza tra la realtà e le sue aspettative (Borgioni, 2015).
Secondo Norwood (1986), le famiglie in cui sono cresciute le persone con una dipendenza affettiva, mostrano alcune particolari caratteristiche che le rappresentano come “famiglie disturbate”. Tra queste:
- mancanza di riconoscimento dei bisogni emotivi, delle percezioni e dei sentimenti del bambino, che di conseguenza tende ad adattarsi a quello che gli viene detto dalle sue figure di riferimento e a non fidarsi del proprio modo di sentire. Ciò comporta una perdita di autostima e una progressiva incapacità a riconoscere le situazioni e le persone potenzialmente dannose. Carenze di affetto autentico durante l’infanzia che tendono a essere compensate, da adulti, attraverso un’identificazione con il partner, in un tentativo di salvarsi, cercando di cambiare il ruolo vissuto con i genitori;
- presenza di violenza tra i genitori, anche sotto forma di tensione e litigi continui, che possono portare a lunghi periodi di tempo in cui rifiutano di parlarsi. Possono mettere in atto anche comportamenti contrastanti, in competizione l’uno con l’altra, per ottenere la complicità del figlio (strumentalizzazione del figlio);
- presenza di violenza tra genitori e figli, anche attraverso comportamenti sessuali scorretti, fino al vero e proprio abuso;
- un genitore incapace di avere rapporti normali con altri membri della famiglia e che li evita di proposito, dando loro la colpa del suo isolamento;
- abuso di alcol e/o di droghe;
- Presenza di ossessioni e/o compulsioni che possono inficiare la sincerità e autenticità dei rapporti all’interno della famiglia, dando invece eccessivo valore all’obbedienza alle regole.
Come è possibile intervenire in psicoterapia?
La PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE può aiutare i pazienti a evidenziare, analizzare e modificare le proprie distorsioni cognitive e pensieri irrazionali che compromettono il loro funzionamento dal punto di vista cognitivo, emotivo e comportamentale. Punti cruciali della terapia dunque saranno:
- sostituzione di pensieri e credenze disfunzionali con pensieri e credenze razionali;
- Training Assertivo e Social Skills Training;
- aumento di autostima, autonomia e di autoefficacia;
- autoregolazione emotiva e controllo degli impulsi;
- incremento dei comportamenti adeguati e riduzione dei comportamenti disadattivi;
- prevention relapse.
Nell’ambito della psicoterapia cognitivo comportamentale la DIALECTICAL BEHAVIOR THERAPY (DBT) è in grado di fornire contemporaneamente psicoeducazione e training specifici per varie abilità in un clima di validazione del paziente; si lavora in quattro principali «skills sets»: Mindfulness, Regolazione delle emozioni, Tolleranza della sofferenza ed Efficacia interpersonale.
Inoltre, recenti studi sembrano dimostrare una buona efficacia per la diminuzione della Dipendenza Affettiva dell’uso della SCHEMA THERAPY, facente parte sempre delle tecniche di psicoterapia cognitivo comportamentale e avente la finalità di ristrutturare gli schemi maladattivi precoci alla base della love addiction.
Nell’ambito della TERAPIA EMDR nuovi e innovativi protocolli (come il protocollo FEELING-STATE di Miller e il protocollo DETUR di Popky) si stanno dimostrando sempre più efficaci nello spezzare il legame di dipendenza, apprendere strategie funzionali per rispondere correttamente agli impulsi senza cadere nella rete della dipendenza, elaborare i traumi del passato che hanno predisposto alla dipendenza affettiva e ricostruire una nuova immagine di se stessi come più forti e capaci di fronteggiare gli eventi di vita.
La PSICOTERAPIA DI GRUPPO, infine, può essere un’altra valida opportunità, in particolar modo se è affiancata da un percorso individuale. Tra i vantaggi di tale terapia troviamo: l’espressione e condivisione emotiva del problema con persone che vivono la stessa condizione, la sensazione di sentirsi compresi e accolti, la diminuzione dei livelli di stigma percepito, vergogna e senso di colpa, un confronto sulle modalità per gestire i comportamenti inadeguati per sostituirli con altri più funzionali e una diminuzione dell’isolamento in seguito alla percezione di non essere gli unici ad avere quel particolare problema.
Date le possibili cause neurobiologiche della Dipendenza Affettiva, nei casi di grande sofferenza e di sintomi ansioso depressivi importanti, si può associare alla Psicoterapia un intervento di tipo farmacologico, principalmente con antidepressivi serotoninergici).
Il trattamento farmacologico può anche essere sviluppato in maniera indipendente, ma è preferibile affiancarlo a un percorso di psicoterapia che consenta di far uscire il paziente dai circoli viziosi, modificare gli schemi disfunzionali alla base e prevenire le ricadute.
Il Centro Lotus offre tutte queste possibilità di intervento sia da un punto di vista psicoterapico secondo l’orientamento cognitivo comportamentale e terapia EMDR, sia da un punto di vista farmacologico per il lavoro sinergico in équipe svolto dalle psicoterapeute e dallo psichiatra della struttura. A breve saranno attivati anche i percorsi di psicoterapia di gruppo per un intervento ancora più mirato ed efficace per risolvere i problemi di dipendenza.
Cosa aspetti? Se ti rivedi nella descrizione riportata, inizia a prenderti cura di te stesso. Contattaci per una consulenza e inizia anche tu il tuo percorso di psicoterapia.
Articolo redatto dalla dott.ssa Veronica Macripò,
direttrice del Centro Lotus,
Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale Terapeuta EMDR e
Istruttrice Mindfulness