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Il volto del Disturbo d’Ansia Generalizzato: preoccupazioni eccessive, generalizzate e incontrollabili.

Disturbo d'ansia generalizzato

Il Disturbo d’ansia generalizzato (DAG) è un disturbo mentale caratterizzato da ansia e preoccupazioni eccessive riguardo una quantità di eventi o attività. L’intensità, la durata o la frequenza dell’ansia e della preoccupazione sono eccessive e sproporzionate rispetto alla reale probabilità o entità dell’evento temuto.

Le persone che ne soffrono hanno difficoltà a controllare i pensieri preoccupanti e tale processo cognitivo interferisce con il funzionamento nella vita quotidiana, nei diversi ambiti di vita (familiare, sociale, relazionale, lavorativo).

Il focus della preoccupazione si sposta, di volta in volta, da un oggetto ad un altro e può riguardare in modo variabile: eventi quotidiani, prestazioni e responsabilità lavorative, prestazioni sportive, questioni economiche, salute propria e dei familiari, ed eventi nefasti futuri che potrebbero capitare a sé o membri della propria famiglia.

L’aspetto costante e centrale è il rimuginio (“worry”), eccessivo, generalizzato e percepito incontrollabile. Nell’ansia non patologica, invece, le preoccupazioni non sono così pervasive, durature, angoscianti e incontrollabili e possono essere interrotte quando insorgono questioni più prioritarie da affrontare. Inoltre, le preoccupazioni non sono sempre accompagnate dai sintomi fisici ansiosi.

Le donne e le adolescenti hanno una probabilità doppia di soffrirne rispetto agli uomini ed adolescenti.

Le persone con Disturbo d’Ansia Generalizzato riferiscono di essersi sentiti ansiosi e nervosi da sempre, quindi l’età di insorgenza generalmente è precoce. L’espressione clinica del disturbo sembra essere coerente durante l’intero arco di vita; i sintomi tendono ad essere cronici e hanno un andamento altalenante durante la vita.

disturbo d'ansia generalizzato

 

Criteri diagnostici del Disturbo d’Ansia Generalizzato, diagnosi differenziale e comorbilità

Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5-TR) riporta i criteri diagnostici necessari per emettere diagnosi di Disturbo d’Ansia Generalizzato.

Il primo criterio diagnostico è la presenza di ansia e preoccupazione eccessive, che si manifestano per almeno 6 mesi per la maggior parte dei giorni, relative a una quantità di eventi e di attività.

Il secondo è la difficoltà nel controllare la preoccupazione.

Il terzo criterio è la presenza di almeno tre (nei bambini solo uno) dei seguenti sintomi: irrequietezza o sentirsi tesi “con i nervi a fior di pelle”; facile affaticamento; difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria; irritabilità; tensione muscolare; sonno disturbato (difficoltà di addormentamento o a mantenere il sonno o sonno non ristoratore).

Il quarto criterio è la compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. Il quinto criterio è che tale condizione non è dovuta agli effetti fisiologici di una sostanza, esempio un farmaco o ad altra condizione medica come l’ipertiroidismo.

Infine, il sesto e ultimo criterio enuncia che tale disturbo non è meglio spiegato da altri disturbi mentali.

In merito all’ultimo criterio è necessario, per una corretta diagnosi, fare diagnosi differenziale, ossia leggere e interpretare correttamente la costellazione di sintomi escludendo disturbi simili. La diagnosi differenziale per il Disturbo d’Ansia Generalizzato si compie con i seguenti disturbi:

  • Disturbo di panico (in questo caso l’ansia è relativa al timore di avere ulteriori attacchi di panico cui si associa la paura di morire, impazzire e perdere il controllo);
  • Disturbo da ansia sociale (l’ansia è relativa al timore di ricevere un giudizio sociale negativo);
  • Disturbo ossessivo-compulsivo (l’ansia è conseguente all’attivazione di un pensiero intrusivo, immagine, dubbio o impulso intrusivo cui si risponde, generalmente, con compulsioni mentali o comportamentali);
  • Disturbo da stress post-traumatico (l’ansia e la paura sono associate ad un ricordo traumatico);
  • Disturbo da ansia di malattia e disturbo da sintomi somatici (l’ansia e la preoccupazione riguarda essenzialmente la sfera somatica e le malattie);
  • Disturbi dell’umore come disturbo depressivo maggiore e disturbo bipolare (l’ansia in questo caso può essere presente ma non è sufficientemente grave da richiedere attenzione clinica).

I pazienti con DAG hanno più probabilità di soddisfare contemporaneamente, i criteri di altri disturbi d’ansia, come quelli sopra elencati, in quanto i pattern di comorbilità alla base sono gli stessi (es. affettività negativa, labilità emotiva, ecc. ). In questo caso le diagnosi possono essere poste insieme.

Altro disturbo in comorbilità, anche se meno frequente, è il disturbo da uso di sostanze, poiché i pazienti con Disturbo d’Ansia Generalizzato possono incappare nella dipendenza da psicofarmaci o altre sostanze a scopo di automedicazione.

Per quanto riguarda la sfera somatica, è necessario specificare che, oltre alla tensione muscolare, possono essere presenti tremori, contratture, scosse, dolenzia o dolori muscolari, sudorazione, nausea, diarrea fino alla manifestazione della sindrome del colon irritabile, cefalee, vertigini, dispnea e tachicardia. Il corpo è spesso molto colpito dal disturbo mentale in questione.

Costrutti psicologici sottostanti il Disturbo d’Ansia Generalizzato

Dal punto di vista psicologico, la caratteristica cardine, nonché problema principale del DAG è il processo di rimuginazione.

disturbo d'ansia generalizzato_rimuginazione

La rimuginazione è una catena di pensieri e immagini associate a emozioni negative, relativamente incontrollabili, caratterizzate dalla forma: “E se?…. E se?….” , più frequentemente di natura verbale piuttosto che visiva (immagini) e riguardo il futuro. Attraverso la rimuginazione la persona tenta di prevedere, prepararsi e controllare eventi futuri, per non trovarsi impreparato nel fronteggiarli, non sentirsi responsabile in prima persona e per evitare di commettere errori.

Tale processo di pensiero è, secondo l’individuo, molto utile, e figura come un processo di problem solving. Il paziente con Disturbo d’ Ansia Generalizzato non si rende conto, invece, dell’inutilità, nonché della sua natura dannosa.

La catena di pensieri tipica della rimuginazione è disfunzionale per vari motivi: i pensieri sono focalizzati sul negativo e sulle minacce; sono ripetitivi, sempre uguali a se stessi; hanno durata eccessiva; causano uno spreco di energie; sono spesso caratterizzati da distorsioni cognitive (es. catastrofizzazione, generalizzazione, filtro mentale, visione tunnel…); non consentono una visione obiettiva della realtà; sovrastimano la probabilità che si possa verificare un evento spiacevole; non considerano altre prospettive di osservazione; alimentano altri pensieri negativi a cascata; non sono orientati alla soluzione – creativa – dei problemi e peggiorano l’umore e l’ansia.

Si tende, inoltre, a credere ciecamente al contenuto – distorto – dei propri pensieri, senza minimante metterli in discussione, cercando spiegazioni e valutazioni degli eventi più razionali. Anche se un evento è poco probabile, si tende ad attribuire un’importanza esagerata, non proporzionata all’entità e probabilità di accadimento, perché resta comunque sempre possibile e quindi va attenzionato e scongiurato.

Per giunta, è la stessa rimuginazione a diventare una preoccupazione (metapreoccupazione) a causa delle conseguenze che essa può causare sul corpo e sulla psiche, visto il senso di perdita di controllo sui pensieri e la loro intrusività. Si sviluppa, in particolare, la paura di impazzire, perdere il controllo e ammalarsi, sviluppando diversi disturbi fisici, a causa proprio delle preoccupazioni.

Molto frequentemente le persone con DAG hanno in comorbilità il Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità, ossia un disturbo di personalità caratterizzato dai seguenti tratti psicopatologici: eccessivo senso del dovere e di responsabilità, perfezionismo, rigidità, inflessibilità, difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti e tendenza ad avere tutto sotto controllo (la propria vita e quella dei familiari).

Il Disturbo d’Ansia Generalizzato fa percepire ogni evento o situazione come una possibile minaccia ed essere sempre in uno stato di allerta è inoltre costoso, oltre che da un punto di vista mentale, anche fisico: tremori, dolori muscolari, contratture, sudorazione eccessiva, nausa, diarrea contribuiscono a creare uno stato generale di intesa e prolungata sofferenza.

Tale disturbo ansioso è mantenuto, infine, anche da strategie di coping disfunzionali come: evitare situazioni ansiogene; pianificare dettagliatamente ed esageratamente il futuro; eccedere compulsivamente nella ricerca di informazioni e con azioni di controllo; esagerare con la lamentela e la ricerca di rassicurazioni e avere un’attenzione focalizzata sul pericolo e sulle minacce. Tali comportamenti figurano come veri e propri fattori di mantenimento del disturbo.

Cause del DAG

L’origine del Disturbo d’ Ansia Generalizzato è specifica per ogni individuo che ne soffre, ma la letteratura scientifica indica alcune aree di vulnerabilità per l’insorgenza del disturbo.

Dal punto di vista genetico c’è una significativa familiarità, ossia, avere familiari che ne soffrono, aumenta la probabilità di soffrirne. Sotto l’aspetto fisiologico vi è un funzionamento alterato di alcuni circuiti cerebrali responsabili della regolazione dei neurotrasmettitori serotonina e noradrenalina. In merito ai tratti del temperamento l’inibizione comportamentale, l’affettività negativa (nevroticismo), l’evitamento del danno, la tendenza alla dipendenza e ipersensibilità al pericolo predispongono a soffrire di DAG. Per quanto riguarda i fattori ambientali, le avversità infantili e le modalità educative genitoriali (iperprotezione, ipercontrollo, rinforzo dell’evitamento) sono associate al DAG.

L’espressione del DAG varia molto a seconda anche della cultura di appartenenza. I paesi industrializzati e ad alto reddito sembrano essere maggiormente colpiti rispetto ai paesi meno industrializzati e a basso reddito. Gli individui di origine europea, rispetto a quelli di discendenza asiatica o africana, tendono più spesso a presentare sintomi che soddisfano i criteri diagnostici del Disturbo d’Ansia Generalizzato.

Ciò indica che gli aspetti ambientali e culturali influiscono molto sull’insorgenza e sviluppo del disturbo.

Percorsi di cura possibili per il Disturbo d’Ansia Generalizzato

Il Disturbo d’ansia generalizzato può essere affrontato con la psicoterapia e la terapia farmacologica.

La psicoterapia può aiutare il paziente a comprendere i meccanismi psicologici sottostanti il disturbo, conoscere meglio se stesso e le sue difficoltà. Essa, in sostanza, risolve i problemi alla base e fornisce strumenti e tecniche per gestire meglio l’ansia nel corso della vita. Un buon percorso di psicoterapia migliora la qualità della vita nel lungo termine, consentendo la prevenzione delle ricadute e, nei casi più gravi e complessi, una più rapida risalita, in seguito a ricadute.

Per i casi clinici più gravi, cronici e invalidati dall’ansia, il trattamento farmacologico diventa necessario, meglio se combinato alla psicoterapia.

trattamento farmacologico disturbo ansia generalizzato

Sono indicati ed efficaci alcuni antidepressivi, come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina e gli inibitori della ricaptazione della serotonina-noradrenalina. Questi antidepressivi richiedono alcune settimane per alleviare l’ansia e, per questo motivo, nelle fasi iniziali, viene consigliata l’assunzione di benzodiazepine. Esse sono farmaci ansiolitici in grado di ridurre rapidamente l’ansia, ma, in caso di un uso prolungato, si può sviluppare un disturbo da uso di sostanze, in pratica una dipendenza. Tali farmaci possono essere somministrati solo per un breve periodo di tempo e non devono essere interrotti bruscamente. Quando gli antidepressivi e la psicoterapia cominciano a fare effetto, la dose della benzodiazepina può essere ridotta e infine interrotta.

Prodotti erboristici come la valeriana possono avere proprietà ansiolitiche, sebbene ancora non sia stata dimostrata la loro sicurezza ed efficacia nel trattamento dei disturbi ansiosi come il DAG.

Psicoterapia cognitivo-comportamentale e possibili integrazioni

psicoterapia per disturbo ansia generalizzato

Numerosi studi dimostrano l’importanza e l’efficacia della psicoterapia per il Disturbo d’Ansia Generalizzato, e in particolare della psicoterapia cognitivo-comportamentale.

I modelli teorici e strumenti d’intervento nel settore psicoterapico cognitivo comportamentale sono davvero numerosi e di efficacia provata.

Nel percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale è possibile adoperare un approccio integrato che coniughi tecniche diverse, derivanti dalle tre generazioni che hanno contraddistinto l’evoluzione del modello, dai modelli comportamentali di partenza fino a quelli metacognitivi di ultima generazione, al fine di sfruttare al meglio le potenzialità di ognuna.

Per il DAG, un buon percorso di psicoterapia dovrebbe innanzitutto partire dall’emissione di una diagnosi accurata tramite la raccolta di dati anamnestici, l’osservazione clinica, l’impiego di test standardizzati e una corretta diagnosi differenziale.

Successivamente, lo psicoterapeuta dovrebbe aiutare il paziente a conoscere bene il disturbo di cui soffre, tramite un’esaustiva spiegazione. Questa è la fase cosiddetta di psico-educazione, che avviene direttamente da parte del terapeuta e, indirettamente, per mezzo di letture consigliate di opuscoli informativi e di auto-aiuto.

In seguito, si dovrebbe stilare, col paziente, un programma di trattamento personalizzato avente obiettivi a breve, medio e lungo termine.

Sarebbe utile e prioritario partire proprio dal corpo, insegnando tecniche di rilassamento. Particolarmente indicate sono tecniche di respirazione (“diaframmatica”, “del quadrato”, “del rettangolo”, ecc.), “training autogeno” di Schultz, “rilassamento muscolare progressivo” di Jacobson, “biofeedback”, “Mindfulness” con meditazioni formali e informali e schede di lavoro della “Dialectival Behavior Therapy” (Dbt) di Marsha Linehan sulla “regolazione emotiva” e “tolleranza della sofferenza”.

In seguito, si dovrebbe lavorare sui piani cognitivo, riconoscendo e modificando i pensieri distorti tramite la “ristrutturazione cognitiva” classica dei padri del cognitivismo Beck & Ellis e comportamentale. In merito a questo, si possono eseguire esperimenti comportamentali, esposizioni alle situazioni ansiogene (tramite “desensibilizzazione sistematica” di Wolpe con esposizioni graduate per difficoltà in immaginazione/in vivo e immersioni dirette in “flooding”), proprio per confutare i pensieri distorti mediante dati reali, desensibilizzare la propria ansia e cambiare il modo di reagire agli eventi.

Oltre a tecniche che intervengono sul piano somatico, cognitivo e comportamentale sarebbe molto utile lavorare sul piano metacognitivo, adoperando i modelli cognitivo comportamentali di ultima generazione dell’”Acceptance and Commitment Therapy” (ACT) e “Terapia Metacognitiva” (TM) di Wells. Attraverso questo tipo di lavoro in terapia il paziente impara a osservare, comprendere e modificare, il modo in cui pensa e agisce. In particolare può apprendere tecniche di “defusione” (“Detached Mindfulness”) per distaccarsi, ignorare e lasciar andare i pensieri senza combatterli e modalità alternative e più funzionali di gestire l’ansia, cambiando le vecchie strategie di coping disfunzionali. A tal fine, è possibile apprendere tecniche per controllare e ridurre la rimuginazione (esempio “finestra temporale della rimuginazione”), potenziare la flessibilità dell’attenzione per gestire meglio i pensieri (“attention training technique”), ri-orientare l’attenzione su segnali di sicurezza e non di minaccia nelle situazioni ansiogene (“rifocalizzazione attentiva situazionale”) e abbandonare i comportamenti compulsivi di controllo.

Oltre a questo tipo di lavoro tipicamente cognitivo comportamentale, è possibile utilizzare e integrare recenti ed innovativi modelli teorici e di intervento, caratterizzati da un approccio olistico per curare disturbi da disregolazione emotiva, come il Disturbo d’ Ansia Generalizzato. Tra questi, la “Teoria Polivagale” di Stephen Porges resa applicativa dai protocolli di Deb Dana (per le terapie individuali) e Antonella Montano (per le terapie di gruppo), parte dalla conoscenza del Sistema Nervoso Autonomo e in particolare del nervo Vago, per insegnare ai pazienti a modulare le reazioni agli stimoli di sicurezza/pericolo provenienti dal mondo interno/esterno, mediante tecniche di respirazione, esercizi fisici, yoga, meditazioni e schede di lavoro.

teoria polivagale_DAG

Infine, la terapia EMDR può essere impiegata, in modo integrato, per elaborare velocemente gli eventi avversi e traumatici di vita che hanno dato origine all’ansia e alle preoccupazioni (esempio incidenti, malattie, lutti).

Alla fine del percorso di psicoterapia, il terapeuta lavora col paziente per la prevenzione delle ricadute nel futuro e continua a seguirlo nel tempo, con colloqui di follow-up periodici e più diluiti nel tempo.

Maggiori informazioni sul Disturbo d’Ansia Generalizzato sono reperibili anche al seguente link.

Il Centro Lotus a Taranto adopera tutte le modalità di intervento trattate nel presente articolo, in maniera meticolosa e strutturata, garantendo il massimo della qualità dei percorsi di diagnosi e cura. Contattaci per una consulenza e inizia anche tu il tuo percorso di psicoterapia di qualità.

 

Articolo redatto dalla dott.ssa Veronica Macripò,
direttrice del Centro Lotus a Taranto,
Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale Terapeuta EMDR e
Istruttrice di Mindfulness

veronica macripo psicologa taranto